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cooperazione internazionale
 
 

Marzia Coronati


I meninos? Parliamone dopo pranzo

Convegno a Torino su infanzia e adolescenza in
Brasile durante il primo Forum sulla cooperazione

orino capofila dei comuni italiani per rafforzare la solidarietà con il Brasile. Si è concluso il 23 settembre nella città piemontese il primo Forum dedicato alla cooperazione, al cui interno è stato presentato il programma “Cento città per cento progetti per il Brasile”. L’obiettivo è di favorire le politiche di decentramento amministrativo del governo brasiliano attraverso la creazione di una rete di enti ed istituzioni locali dei due paesi.

L’iniziativa fa parte di “One word”, evento iniziato il 19 settembre e durato venti giorni, il cui scopo è di promuovere la cooperazione decentrata, fornendo l’occasione alle associazioni - istituzionali e non - di incontrarsi e scambiarsi pratiche e opinioni.
Un`immagine dei lavori
 Promosso dalla città di Torino come rappresentante Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e dalla Provincia di Spezia per l` Upi (Unione province italiane) in collaborazione con la presidenza della Repubblica brasiliana, il ministero delle Città e l’Agenzia brasiliana di cooperazione, il convegno è durato tre giorni e vi hanno partecipato enti pubblici, associazioni, ong, rappresentanti della società civile, sindaci di 13 città brasiliane, rappresentanti di alcuni ministri federali e della presidenza brasiliana e di enti locali e Regioni italiane.

Il 22 settembre si sono svolti cinque workshop tematici presso il al Turin Palace Hotel, a cui hanno partecipato 160 iscritti, durante i quali si è tenuta la discussione di alcuni principali settori di intervento: infanzia e adolescenza, gestione dei rifiuti, pianificazione territoriale, gestione delle risorse e dei servizi idrici, cooperazione interregionale decentrata. Nella sala Mollino è stato presentato il programma di cooperazione relativo al settore `Infanzia e adolescenza`, composto da quattro sessioni di lavoro moderate da Elisabetta Giorgi Robecchi, consulente dell`Agenzia cooperazione enti locali. 

Numerosi gli interventi: Manlio Giuffreda, coordinatore per la cooperazione decentrata del ministero Affari esteri italiano, ha messo in luce il ruolo dei bambini, «non più oggetto dell’attenzione istituzionale, bensì soggetto attivo del nostro domani». Sempre in rappresentanza del ministero, Paola Viero, responsabile dei programmi Minori si è commossa nel corso del suo intervento, ricordando le sue esperienze in Sri Lanka, Kenya e Sierra Leone e sottolineando l’importanza di investire sulle nuove generazioni.
Padre Clodoveo Piazza, ministro della segreteria per la Lotta alla povertà dello Stato di Bahia
i. A Maurizio Baradello, dirigente settore Pace e cooperazione di Torino  premeva ricordare il lavoro del centro Informagiovani della sua città, mentre Martina Cortese, rappresentante per l’assessore alle Pari opportunità  ha ribadito il ruolo fondamentale dell’educazione e la sua dimensione globale. Più pertinente con le finalità del Forum il discorso di padre Clodoveo Piazza, ministro della segreteria per la Lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali dello Stato di Bahia, nuova carica sorta nel 2001 con l` obiettivo principale di fare applicare la legge sui bambini e l’adolescenza nel territorio brasiliano. Dove tale legge ha trovato facile applicazione il numero dei detenuti minorenni è diminuito drasticamente.  

E` l`ora di pranzo e non si è ancora parlato di alcun progetto, e la povertà dei meninos brasiliani sembra solo lo spunto, l’occasione per un vertice di ministri, dirigenti e assessori. Poca voce a chi le maniche se le è rimboccate e in Brasile lavora già da anni contro povertà e disuguaglianze sociali. Più finanziamenti ai progetti e meno parole: questa la rivendicazione dei rappresentanti di ong e onlus presenti al Forum, che sollevano critiche indignate durante le pause, perché di spazio per dare loro voce all’interno del dibattito pubblico ancora non ce n’è stato.

Nel primo pomeriggio proseguono gli interventi di funzionari esperti, e l’accento è posto sulla differenza tra assistenzialismo e cooperazione attiva, attuata attraverso la formazione e la difesa dei diritti. Insomma, il manuale delle buone pratiche del cooperante. Di progetti ancora non se ne parla. Marco Calgaro, vicesindaco di Torino, solleva una critica al governo italiano, che spesso delega ai comuni il compito e l’onere della cooperazione. Sembra il gioco della patata bollente.

Finalmente si dà voce ai rappresentanti delle organizzazioni.
Elisabetta Giorgi Robecchi, consulente dell`Agenzia cooperazione enti locali, con Marzia Coronati
Trenta minuti di interventi: alcuni si limitano ad una critica al sistema di cooperazione, altri raccontano le proprie esperienze. Ed è difficile rimanere indifferenti al racconto di un uomo che da più di cinquanta anni dirige un istituto in Brasile per i bambini di strada, alternativa al mondo della droga e della delinquenza. Di cose ne ha viste tante, glielo si legge sul volto rugoso, tranne il denaro per finanziare la sua scuola. «Il Brasile è coração», conclude invitando i cooperanti a metterci il cuore, in qualunque programma di cooperazione operino. 

Un raggiante sorriso è stampato sul volto di Iramar, presidente della Onlus romana Victoria Regia. Iramar coglie l’occasione per promuovere l’ultima iniziativa della sua associazione: una partita di calcio dove bambini e bambine giocheranno insieme, come simbolo della lotta per le pari opportunità, e uno spettacolo teatrale: gioco e arte per l’educazione dei bambini di strada. La giornata si conclude con una lunga sessione plenaria dal titolo “cooperazione interregionale decentrata”. Voce nuovamente a consiglieri e rappresentanti di regioni italiane e brasiliane. 

Gianpiero Rasimelli, della Regione Umbria, in un pragmatico discorso evidenzia la necessità di lavorare a un nuovo accordo quadro Italia Brasile, ricordando il fallimento dei precedenti. Sottolinea poi l’importanza di rafforzare le istituzioni italiane in Brasile, ancora latitanti, e infine riassume le cifre del programma “100 città”: 625mila euro saranno stanziati dalle Regioni italiane, 500mila dal Brasile. Il monitoraggio dei progetti, è già stato attivato ed entro luglio è prevista la decisione delle iniziative concrete da attivare.

Non rimangono che altri trenta minuti per gli interventi dei portavoce delle associazioni private, ma poi il tempo stringe e l’organizzazione ha già predisposto un servizio pullman per il trasferimento al ristorante. Nella speranza che un giorno tutti abbiano una cena assicurata.




Intervista a padre Clodoveo Piazza

“100 città per 100 progetti in Brasile”: questo il nome del programma presentato in occasione del primo Forum sulla cooperazione decentrata Italia – Brasile, conclusosi il 24 settembre a Torino. Tra gli intervenuti, padre Clodoveo Piazza, ministro della segreteria per la Lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali dello Stato di Bahia.

Tra le figure più attese al Forum, da molti anni attivo nella lotta al disagio delle famiglie brasiliane, già presidente di una ong (organizzazione non governativa), Piazza è passato a rivestire una carica governativa, ruolo istituito con il governo Lula che ha come obiettivo principale la lotta alla povertà.

Padre Piazza, come è cambiata la sua figura di umanitario da quando è passato a essere ministro?

«Il mio passaggio da una ong a un incarico ministeriale risponde ad un mio desiderio di vedere i nostri programmi passare ad essere responsabilità di uno stato. Il governatore si è reso conto dell’efficacia di questi programmi rendendoli di stato, ha capito soprattutto che è molto più importante concentrarsi sulla formazione piuttosto che sui risultati immediati, e che quindi è necessario seguire il cammino più difficile e lungo per avere effetti definitivi». 

In che cosa consiste questa differenza?

«Nel fatto che una ong ha progetti che possono servire cinque, cento, al massimo 15mila persone, ma si ferma lì, questo è il suo dovere. In uno stato le cose sono molto diverse perché dobbiamo mettere in atto delle politiche, cioè rispondere alle necessità di tutti quelli che hanno un determinato bisogno. Questo mi mette davanti a una sfida enorme. Tra l’altro le necessità delle persone spesso ne nascondono di più profonde, come quando soccorrendo un bambino in difficoltà ci si rende conto che tale difficoltà proviene da problemi in famiglia. Quindi bisogna sostenere la famiglia, altrimenti, quando tornerà a casa, il bambino ritroverà la stessa difficoltà di prima». 

Sostenere la famiglia diventa una priorità, dunque.

«Quando guardiamo le famiglie, spesso ci rendiamo conto che il papà non ha lavoro, la mamma non ha avuto istruzione, la casa è in rovina e quindi non ci sono i mezzi affinché il bambino possa studiare. Emerge quindi la necessità di politiche molto più grandi. Un paese intero oggi sottomesso ad un impegno economico con l`estero che porta via tutta la sua ricchezza per pagare i debiti, non investe più nel sociale».

Come porterà avanti, il ministero, la lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali?

«Quando è stato introdotto il nostro ministero sono stato incaricato di redigere le norme per costituirlo, e abbiamo scritto una legge che ne facesse un dicastero sistemico e non settoriale. L’educazione, la salute, le infrastrutture sono settori differenti, ma la povertà la si vince attraverso la salute, l’educazione, le infrastrutture e altro ancora. Quindi il nostro compito era di coordinare i programmi affinché potessero nel loro complesso generare condizioni per vincere la disuguaglianza e la povertà».

Come si combatte la povertà?

«Con due grandi cammini: assicurando del denaro, e questi sono i programmi di transferencia de renda, che non affievoliscono la povertà ma aiutano a mantenere in vita alcune famiglie. Il secondo cammino, da noi scelto, consiste nell’istruire la famiglia, renderla idonea per lavorare e fornirle i primi strumenti per farlo, attraverso finanziamenti inizialmente a fondo perduto e in seguito attraverso il microcredito. Ci siamo resi conto che facendo investimenti piccoli si ha un ritorno di reddito molto più grande dell’investimento iniziale. Stiamo dimostrando al mondo che aiutare i poveri non è solo un dovere morale e etico, ma è anche il migliore investimento economico che si possa fare».

A che cosa è dovuta la scelta dell’Italia come partner di questo programma di cooperazione decentrata?

«Siamo aperti a tutte le forme di collaborazione che arrivano da qualsiasi paese. Ma bisogna soprattutto puntare sull’aiuto dei governi più sensibili. E’ estremamente interessante la sensibilità dell’Italia, che oggi non ha inviato in Brasile soltanto una grande quantità di persone capaci di dare risposte concrete, effettive, di costo ragionevole, ma è anche interessata ad aiutare a costruire queste politiche pubbliche. E quindi a mettere in contatto stato con stato, regione con regione, città con città. Oggi l’Italia è una delle nazioni più sensibili, una delle poche che riesce a vedere all’altra parte del mondo».

 

 

«Istituzioni fate un passo indietro». La denuncia della Som

Ivano Maraschio è il coordinatore della onlus `Som`, solidarietà odontoiatrica nel mondo. Nata nel 2002, l’organizzazione ha riunito dentisti e volontari con l`obiettivo di creare strutture e ambulatori nei paesi in via di sviluppo per assicurare cure odontoiatriche gratuite. Quando gli chiediamo qual è a suo parere la principale falla del meccanismo di cooperazione decentrata, Maraschio risponde che vi è un equivoco di fondo gravissimo: la cooperazione internazionale, intesa come cooperazione di stato insieme alle sue ramificazioni, in realtà non si preoccupa minimamente dei problemi reali delle persone. «Oggi ad esempio non ho sentito nulla della realtà tristissima dei bambini in Brasile, con i problemi di droga, prostituzione, e tanti altri e dei progetti per migliorare questa realtà - afferma -, cosa di cui si occupa fortunatamente quella parte della società civile italiana e brasiliana, organizzata in associazioni liberamente. Non di certo quelle operazioni, che fruttano tonnellate di quattrini, organizzate dalla cooperazione di stato. Sull’argomento basterebbe tornare indietro di una decina d’anni per osservare quante porcherie sono state commesse in nome di una cooperazione dei paesi occidentali che avrebbero dovuto aiutare i paesi cosiddetti in via di sviluppo».

La grande delusione del coordinatore della Som, che aveva già partecipato ad un congresso sullo stesso tema - la cooperazione italiana in Brasile, organizzato a Salvator de Bahia dall’ambasciata italiana - consiste nel constatare un forte scollamento tra chi è a contatto diretto con i problemi delle persone e chi ne parla, chi organizza i convegni, chi organizza grandi delegazioni. «Ho avuto la netta impressione - continua - che al tavolo della presentazione di questo Forum vi fossero persone bramose di recuperare milioni di milioni dalle organizzazioni internazionali per utilizzare il denaro senza guardare all’obiettivo vero, che è cercare di risolvere i problemi con il minor costo possibile, come è la filosofia dell’associazione che ho il piacere ma anche l’onere di rappresentare. E che, con appena una ventina di dentisti sparsi qua e là per l’Italia, partendo da Asti, ha ottenuto in pochi anni risultati eccellenti senza attendere che il ministero le insegnasse come fare. Abbiamo agito spontaneamente perché ai risultati si arriva tramite passione, logica e buona volontà. Abbiamo cercato gli interlocutori locali, pubblici e privati, affinché al progetto fosse assicurata continuità anche dopo il termine del nostro impegno».

Quando gli chiediamo se pensa che il programma “100 città per 100 progetti” possa dare benefici alla sua onlus, il dentista spiega che questo è uno dei suoi obiettivi principali: capire come inserire uno dei progetti - e pare gliene richiedano molti in Brasile, soprattutto nel nordest - all’interno del programma. Ma si dichiara molto pessimista, perché le istituzioni sono sempre in ritardo sull’iniziativa privata del soggetto. «Vengo dalla città di Asti - precisa - e ho saputo che il Comune è stato il primo a venire a conoscenza di questo progetto attraverso l’ideatore dello stesso. Vorrei proporre la Provincia di Asti come città partner di questo programma e che la Regione fosse consapevole della presenza di una associazione che opera in Brasile. Insomma, dovrebbero essere le istituzioni a invitarci a questo genere di convegni, non le onlus e le ong ad autoinvitarsi, come nel mio caso».

Ed eccola, la proposta di Marasco per fare sì che una onlus raggiunga i propri obiettivi più velocemente. «Potrebbe sembrare drastica, ma è concreta e frutto di anni di attività in questo settore. Le istituzioni dovrebbero non solo fare un passo indietro, ma allontanarsi e lasciare agire la società civile, che è quella che per prima si preoccupa, perché è la prima a intercettare i bisogni laddove si evidenziano. Chi porta avanti questo lavoro sono ong e onlus, per lo meno finché non ci si lega a filo doppio al potere delle istituzioni che hanno la “cassaforte”, costituita dalla tassazione. Ma l’ideale sarebbe che le istituzioni non avessero questa delega, perché il volontariato è l’azione che nasce spontanea dalla volontà di una persona o un gruppo. Ebbene, anche il volontariato è stato ingabbiato nella logica della legislazione e del potere politico, e questa è una vergogna per l’umanità».


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